DANTE COLLOCA MAOMETTO NELL’INFERNO
Dante fu un vero estimatore della cultura araba, la quale introdusse in Europa la filosofia aristotelica, le scienze e la medicina. E non è strano che, quando il sommo Poeta si accinse a scrivere la Divina Commedia, non fosse suggestionato anche dalla cultura araba, nota in tutti i centri commerciali del bacino mediterraneo. Dante tiene in grande considerazione i grandi intelletti arabi e le loro opere, ma colloca nell’Inferno Maometto, tra i seminatori di discordie. Su questo brano del Poema si è scritto, perché tra gli studiosi c’è stata disparità di vedute. Dall’incisiva rappresentazione dantesca emerge evidente un certo disprezzo tanto per la scelta della pena, quanto per le cruente immagini. Maometto, sventrato da un diavolo, è collocato tra i seminatori di discordie in un luogo buio dell’Inferno.
Qui non mi addentro sull’analisi dell’episodio, ma mi soffermo solo sull’aspetto religioso e politico, che ha dettato, o imposto, una scelta così traumatica. Non si dimentichi la formazione filosofica e teologica di Dante, il quale, proprio con questo episodio, intende richiamare l’attenzione su due realtà, che, se nell’apparenza, sono in contraddizione, di fatto si completano a vicenda, per espresso volere di Dio: Impero e Papato. Dante, filosofo e teologo, tiene costantemente presente la reductio ad unum della filosofia scolastica.
Maometto è l’ultimo profeta di Allah e ha incrementato la sua conoscenza tra gli uomini. La diffusione dell’islamismo sotto gli Omayyadi e la conquista di territori abitati da cristiani ha causato la lacerazione della cristianità. Per la reductio ad unum tutti i Cristiani devono sottostare all’autorità del Papa, il quale garantisce loro grazia e salvezza. La diffusione del culto di Allah ha creato uno scisma, lacerando l’unità della Chiesa. All’epoca di Dante correva voce che Maometto fosse stato un cardinale, il quale, frustrato per la mancata elezione a pontefice, per vendetta sarebbe diventato apostata e scismatico. Dante, inoltre, sapeva bene che i Musulmani con le rapide conquiste avevano sottratto alla Chiesa una grande massa di cristiani.
Dante sapeva, ancora, che le conquiste islamiche, col passar degli anni, erano diventate sempre più estesa a danno dell’Impero, voluto da Dio, perché gli uomini, sotto la guida dell’Imperatore, vivessero nella giustizia e nella pace.
È bene ricordare che accanto a Maometto c’è il genero Alì, la ferita del quale parte dal punto nel quale termina quella del Profeta. Nel medioevo la figura di Alì non era molto conosciuta, per cui l’episodio permette di capire che Dante aveva dell’Islam una conoscenza molto più ampia e completa di quanto si possa pensare. Alì, che doveva essere il successore del Profeta, causò un vero scisma tra gli sciiti, suoi seguaci, e i sunniti. Da ciò si deduce che Dante conosceva anche gli scismi all’interno dell’Islam a differenza dei coetanei, che consideravano Maometto un eretico. Sebbene il Profeta abbia incrementato il culto di Allah, da Dante non è collocato tra gli scismatici.
C’è un’altra considerazione: nel presentare il Profeta col petto squarciato dal colpo di spada, induce a pensare che Dante avesse in mente la leggenda musulmana, secondo la quale due angeli, per purificare il petto di Maometto ancora bambino dal peccato, gli avrebbero aperto il petto. Dante, per concludere, aveva una conoscenza della cultura araba più ampia e profonda di quanto si possa immaginare.