Alexander Museum Palace
- Alba Contino
- Angela Perulli
- Anna Leo
- Annamaria Ferramosca
- Antonella Tamiano
- Antonio Arnesano
- Benedetta Caterina
- Cenzo Casavola
- Claudia Piccinno
- Enzo Bacca
- Ester Cecere
- Gianpaolo Mastropasqua
- Giovanna Politi
- Giovanni Monopoli
- Giuseppe Milella
- Grazio Pellegrino
- Lilli Pati
- Marcello Buttazzo
- Maria Campeggio
- Marirò Savoia
- Mimmo Martinucci
- Paolo Miggiano
- Pietro Casella
- Sonia Colopi
- Sonia Fanuli
- Stefano Giuseppe Scarcella
Tra gli ulivi
Tornano
quando si soffre
i volti di chi
abbiamo amato.
Vuoto il battito
muta la voce
ci si aggrappa
a un sentire lontano.
Non muovo passi
lungo il sentiero,
passo il testimone
alla nostalgia
di spensierate
ipotesi
senza futuro.
Torneranno le lucciole
tra gli ulivi argentati
senza rimpianto
per l’oleandro in fiore.
Claudia Piccinno
inedita 2022
Mediterranea (Gianpaolo Mastropasqua)
Quando eravamo dèi e camminavamo con gli alberi
e le vesti erano anime e animali vivi
e ancora festeggiavamo i compleanni delle nuvole
e all’ora danzavamo sulle acque come anemoni
e chiamavamo Israele la neve del deserto
e l’arcangelo bambino affacciato sull’abisso
e le sorgenti cantavano dai mari alla fonte
e le foglie erano velieri e lingue all’unisono
e i rami ponti trascendenti della luce
e l’impossibile mostro era libero di amare
e ogni passo un sapore e un nome pedante
e le caverne erano occhi appena aperti sull’ignoto
e le pietre dialogavano nel concentrico giorno
ora che passeggiamo senza gambe strisciando
tra la folla calpestata dal silenzio assassino
e le feste nucleari ci attendono al varco
e sogniamo a brandelli tra i respiri delle bombe
e chiamiamo vita eroica l’abbraccio del piombo
e le pietre sono masse che lapidano al pascolo
e le foglie e gli alberi hanno finito la primavera
e il mare dalla lingua di petrolio più non parla
e le lucciole sono nere e il gabbiano viene corvo
e il becco una lamalenta che vibra che penetra
e logora la fauna che affolla in cadaveri pensieri
e l’impossibile mostro è già in gabbia da tempo
e i pugni si combattono nell’aria sanguinaria
e le cave hanno il profumo delle fosse comuni
e ogni passo è una palude da cui uscire vivi
procediamo non siamo nessuno sa perché dormiamo.
Gianpaolo Mastropasqua
Se ti dimentichi di me
e nel tuo ripostiglio segreto mi riponi,
se mi releghi al buio
e di me cancelli
ogni ricordo
e odore
e sibilo
e respiro,
per cui l’aria vibrava
mentre noi stremati si sudava amore.
Se ti dimentichi
di notti e giorni
che si rincorsero veloci
nella segreta stanza
dove la tua essenza
era la mia fragranza
per minuti, e ore…
Sarei già morta allora,
più morta
che se con un’arma
dritto,
mi puntassi al cuore!
Giovanna Politi
I DUE TERZI DEL MIO STARE AL MONDO
Sono figlio di una vita famigliare
di una biblioteca senza bibliotecario
del gocciolio del tempo
che sembra non arrivare mai al capillare,
a quel che rimane nello scambiarsi i mondi;
quale altra vita vorrei rifare se non quella
che conosco, quella che resta,
partorire quella nascosta
invecchiare quella che non aspetta.
Sono sempre io, a disegnare tronchi e chiome,
a impolverarmi di terra rossa
mentre raccolgo le parole cadute
al resto del mondo
– sì, ci sono parole che nessuno vuol tenere –,
a trovare le pezze a una Bellezza
che si è vista togliere il bambino dal grembo;
sono sempre io che non ho voglia
di rammendare le palpebre, a notte fonda,
per la paura di non poterle scucire.
Sono sempre io, che ad ogni risveglio
mi domando – e mi rispondo –
se sto facendo bene ad occupare così
i due terzi del mio stare al mondo.
di Stefano Giuseppe Scarcella
PREZIOSO SCRIGNO
D’incerta origine dalla porta d’oriente
affondi le radici nella preistorica grotta,
dell’Homo sapiens cogli la voce
che d’eco rifulge la candida Delia,
antica e giovane madre
nel grembo custode di ritrovata storia.
Prezioso scrigno di intrisi misteri,
leggende, approdi, lotte e marcati ricordi;
dai due mari racchiuso, nel tacco estremo divisi,
con dolce e sabbiosa carezza
rigeneri le membra e scuoti l’animo,
che ignudo rimira le frastagliate coste
a picco scoscese sulle cristalline acque,
d’azzurro fuse alla cupola celeste.
Spira la brezza,
tra suoni e profumi inebri i sensi
di ritrovata pace rigeneri l’essenza
sì d’estasiare pulsioni d’abbraccio alla mente.
Sibilano i delfini nell’armoniosa danza
con piroettanti movenze al garrire dei gabbiani,
scivolano a branco nello spumeggiante scenario
refrigerio dalla calura del generoso entroterra,
dai secolari ulivi alle folate gementi.
Di primavera si tinge il mandorlo d’inverno,
su macchie distese tra muretti a secco
e variegati fichi d’india dalla porosa pelle;
matura la vite di bianco e nero,
al frinire delle cicale, i calici aggrada.
La Signora del barocco,
che di romanità si veste nella dorata pietra,
elegante e benedetta s’erge
sognante e pulsante d’arte si gloria,
con cartapesta e scappellini rievoca il passato
di colori e odori in mille forme riluce,
cullando le notti in vasche e saltellanti note
nella sensuale pizzica che del Salento rimarca
la salutare calorosità delle sue genti.
Prezioso scrigno, d’intarsi e argenteo lunare
attrai di grazie in facciata,
d’aureo racchiudi in tesoro virtù.
Alba Rosaria Contino
PUGLIA MIA
O amor mio,
quando sfioro
i tuoi rivoli di pelle,
arrossati alla carezza,
penso alla ubertosa
e rossa terra di Puglia.
Bella, prodiga, generosa
di frutti che il corpo
alimenta e l’anima
esalta. Tu mia terra
rubra, fior di melagrana
immenso, non indugiare
a brillare al sole nascente,
nello specchio dell’alba;
bella sei e sarai sempre.
La tua superficie solcata
di quiete onde d’aratro
di duro legno e di muli,
è desiderio a imitar l’amico
e terso mare che ti circonda.
T’amo, sfiorandoti,
accarezzandoti, o madre terra.
La brezza dell’amore,
mi colma l’anima,
nell’infinita dolcezza
di un sogno appena nato,
ma sempre esistito nel cuore:
essere per l’eternità tuo figlio.
Cenzo Casavola
LO SPLENDORE DEI SOGNI
Mi penserai senza volerlo
dove i pensieri scivolano
tra nostalgia e desideri.
Tra un capitolo e l’altro della vita,
mentre osservi un quadro
con i colori della mia tavolozza.
Nelle calde giornate estive,
quando il salmastro accarezzava
i nostri corpi al sole.
Mi penserai senza volerlo
prigioniero di quei progetti
che abbracciavano il mio cielo.
Sarai rapito dall’incanto
di barocchi profumi.
Quando a piedi nudi
si scompaginavano le attese
tra sospiri e desideri
nelle notti d’agosto.
Mi penserai senza volerlo
e una goccia di pianto
ti bagnerà il cuore.
In quel assordante silenzio
ti lascerai condurre,
approdando ad un sogno
che ancora ci appartiene.
Quel sentimento che divampa
e non ha mai fine.
Antonella Tamiano
L’AMORE
Abbracciami forte,
fammi sentire il tuo cuore
che mi riscalda dentro.
Amore mio, giurami
che saremo sempre insieme.
Non mi lasciare mai,
resta con me per darmi
forza è coraggio, nel superare
le inside del mio cammino.
Tu mio faro, con la tua luce incessante
illumini l’obliò, che sento senza te.
Ti prego di darmi calore
prima di andartene.
Stringimi forte,
affinché possa lasciarti senza respiro.
Sussurra quel ti amo
che ti tenga legata a me!
Antonio Arnesano
AZZURRO APPRODO
Tornai con gli occhi a carezzare il mare
la mia Terra e lì rimasi, farfalla,
tra scogli e cielo sospeso cent’anni,
forse mille nell’istante d’abbandono.
Tornai, così, fanciullo a eterno latte,
alle meraviglie d’innocenza
ai giochi assaporati sulla spiaggia
le conchiglie dono di Nettuno,
i bianchi gigli sulle aspre dune
la casamatta del primo nascondino.
Come Ulisse alla sua petrosa patria
sostai implume nell’incanto di natura.
Sospeso pasteggiai al desco di Minerva
tra ulivi e sole, pampini e ginestre
posando l’elmo ai beneamati sassi,
atteso figlio andato mai perduto.
Sorrise il pescatore d’un sorriso lieve
notando il rossore di me bambino,
il rigo trasparente sulle gote, così
col pugno al petto salutò il mio sguardo
e l’altro al remo, all’usurato scalmo,
prendendo il largo nella calma d’onde.
Altre vele, intorno, d’arcobaleno
a benedire l’approdo all’orizzonte.
Sognai, chino alla terra, Dio pregando
un mondo sereno, d’azzurro pieno,
universo di pace, senza guerra.
Dio rispose mostrandomi una croce
magnifica, alta, conficcata nel cuore.
Tornai alla luce lieto, alla speranza.
Enzo Bacca
ARMONICI CONTORNI
Leggero il respiro del vento,
nell’aria volteggia libero,
il profumo di sandalo e magnolia;
una dolce fragranza, non invadente
e nella mente
riaffiora il ricordo di lei,
dipingendo armonici contorni d’amore
che lievi accarezzano la mia pelle,
avvolgendo il mio cuore;
in un intarsio di memorie,
frammenti di emozioni,
istanti di vita, indelebili
cadenzati dal ritmo vibrante
del palpito di mani nelle mani,
di occhi che si specchiano l’uno nell’altro,
il calore del respiro su un sospiro
del battito di due cuori intrecciati,
all’infinito, incuranti del tempo che passa
oltre la lontananza di uno sguardo ed un sorriso;
custodito nelle movenze
di armonici contorni d’amore.
Giuseppe Milella
OLTRE LA COLLINA
Ritorno alle radici,
al luogo dove sono nato
e dove forse non morirò.
Nell’andirivieni della vita
ritorno lì dove sono nato
tra i filari, le piante alte di tabacco e le vigne
i maturi fichi, i secolari ulivi
i muretti a secco
e i canti contadini.
Le nenie distanti per le bambine
perdute appena nate.
Osservo una foto ingiallita dal tempo
e torno nel passato mio.
I campi sterminati.
Lo sguardo fiero
dei volti del padre mezzadro
e della madre tabacchina
era tutto per i figli restati.
Ritorno al passato
peregrinazione del ritorno
e, ancora fanciullo, gracile mi scorgo,
come il fratello, in bianca canottiera
e una nocca tra i capelli la sorella.
Poi, con le stesse esili braccia,
il tempo per sputare sul manico della zappa,
di arare, col vomere rivoltare aride zolle,
dare il verderame,
portare il carretto
e andare a giornata a cavar barbabietole,
a mietere fave, ammucchiare covoni
e tra la polvere della trebbia scomparire.
Lune piene e fiamme tremolanti
di lucerne a petrolio ardevano
guida lungo i sentieri dai rialzi
d’erba giovane a primavera
e sterpaglia d’estate
per giungere alla scuola e al campo.
Scegliere le foglie mature
rituale antico tramandato.
Da lì, la notte
a contare le luci in lontananza
dove finiva la valle
ad indicare un paese
che non era il nostro
a domandarci cosa si nascondeva oltre la collina.
Lontano l’ululato dei cani
e i paesi che come nidi di stelle
dentro al buio del cielo ancora sognavano.
Con il naso all’insù
a riconoscere la più brillante Antares
e imparare altre stelle
del carro grande e di quello piccolo
che avevano nome di orsa.
I covoni nei campi di grano
e le manovre della trebbia
e i fiori bianchi dal dolce nettare da succhiare
le stoppie bruciate ad agosto
intorno al podere e alla rossa casa cantoniera
l’erba fresca per i conigli
e i buoi nella stalla
e i cavalli a tutta briglia.
Istantanee di una vita povera
intensamente vissuta
al di qua della collina
nelle notti di luna piena.
Paolo Miggiano
RESPIRO MARE
in questo spazio al sud
d’acqua e silenzio
dove la riva affabula
di vita in senso senza
bisogno di parole
alto mi assale il sole
dorme bassa la luna
nel suo letto di scogli
qui dove nessuno può insabbiare
l’impronta chiara degli onesti
la follia saggia dei sognatori
dove bambini scalzi
ancora pescano l’azzurro con
ami di pane
terra di sale
dove il giorno è bere a sorsi lo scirocco
e ti impongono ipnosi le onde
– devi a lungo guardarle –
anfore di Idrusa
che riparano lutti
dove i bambini creano
corone di foglie d’alloro
per giocare al poeta
e attraversano i miti
con amuleti ghiande di vallonea
qui puoi guardarli correre nel sole
senza ferite in un tempo fermo
saltano sulla campana incisa in terra
come una volta
sentirla risuonare
allontanare il buio
Annamaria Ferramosca
da PER SEGNI ACCESI, Ladolfi Editore,2021
Nella speranza
dell’agognata quiete
sarò baluardo
tra cielo e mare
e ascolterò il canto silenzioso delle stelle
Nella pece
delle notti senza luna
scintilleranno i sogni
in cerca di fortuna
Le trappole che
come filigrana
tessevi
tra i battiti ciliari
frantumi innocui
alfine diverranno
senza pietà alcuna
contro ti si ritorceranno
Vagherai
pentito in cerca
di rifugio familiare
e piangerai
per la miopia elargita
a chi ti sapeva amare
Ed io sarò custode
di rimpianti e sogni
ma il tuo egoismo miope
non mi permetterà
di liberarti dai bisogni
Or ti dimeni
agonizzante
e di paura tremi
ma la tua boria
suicida e cieca
non ti consente
di ascoltare
la carezza
di quella voce
un tempo a te
sì familiare
che ti dice
Da me ritorna
e lasciati amare
Angela Perulli
19 febbraio 2022
…all’ombra di questa solitudine
giacciono i pensieri come fiori
che si ritirano al calare della sera
all’ombra dei fermagli di questa solitudine
i ricordi ritornano alla mente
pochi fiori mostreranno le loro corolle al sole
poche emozioni arrivano al cuore
muoiono i miei fogli bianchi
in questa solitudine
per i pensieri del domani
non c’è riposo all’ombra di questi pensieri
al calar della sera torna sempre
il pensiero di mia madre
si spaccano le lacrime
nessuna mano che le raccolga
quanto silenzio
mi rammento
della presenza di un Dio
quante preghiere
hanno spogliato le chiese
per vincere questa paura
dove sei vita
all’ombra di alberi di ulivo spogli
danzano i miei ricordi a piedi scalzi
ti porgo questi fiori selvatici
quanti petali si perderanno
per una nuova vita
profumo all’ombra dei sepolcri
tutti prigionieri di questa nostra storia
con addosso l’odore di Dio
si dimenticano i sogni
guardo il mare
all’ombra di un nuovo
viaggio.
(si dimenticano i sogni)
IL POETA DELLA PENNA VERDE Grazio Pellegrino
Terra rossa di sangue,
terra scorticata
dai venti di tramontane.
Terra
dei soli d’estate.
Questa è la tua terra,
madre fanciulla,
la terra
che vivesti, che amasti
e m’insegnasti
nei tuoi racconti quotidiani.
Questa è la tua terra,
madre,
che alligna ancora oggi
nelle pieghe delle tue mani,
nei solchi delle tue rughe.
Sempre rimembri
la storia
di chi ti fece amare
la fatica il sudore il decoro.
E le ginocchia sbucciate
fra i filari di tabacco.
Rimembri,
madre,
il contegno
di chi ti indicò
un cammino praticabile.
Madre,
la tua lieve parola
è pane che nutre,
giorno che nasce di continuo,
la mia patria
d’eterna appartenenza.
Marcello Buttazzo
Andrà tutto bene
Il crepuscolo accarezza i nostri sogni
giornate fotografate sugli scaffali dei ricordi,
osservare dalla finestra il volo di uccelli
nel silenzio che circonda i nostri sguardi
I movimenti quasi meccanici si ripetono
automi tra le quattro mura, è solitudine
ti guardo, mi guardi
scacciamo la monotonia negli angoli remoti
d’una clessidra che vuol segnare il tempo
mentre la memoria scorre negli abbracci,
coraggio cara: Andrà tutto bene!
S’osserva il presente pensando al passato,
i nostri abbracci ci rafforzano
e ci stringiamo sempre più pensando al domani
combattendo la tristezza del momento
con la musica dell’amore che avvolge il nostro cuore.
Vedrai cara, andrà tutto bene
torneremo a sorridere al mondo
lasciandoci cullare dal vento dei sospiri
e ritornerà la gioia del vivere la primavera
aprendo il cancello della esistenza
colorando il nostro giardino di fantastici colori.
Giovanni Monopoli
Speranza
Come lacrima dal cielo
mi poseró sul filo d’erba e
come fresca rugiada
disseteró la mia amara terra.
Mani nude rivolteranno
ancora le aride zolle,
nella speme e nella preghiera
– forse – ritroveremo
pace, amore e fratellanza,
sperando di non veder morire
ancora i verdi germogli della vita,
in nome della libertà.
Lilli Pati
ODE AL MIO SALENTO
Fratelli del Grande ed antico Salento
le gesta d’eroi lontani e le genti
ci fecero grandi e, tra mare ed il vento,
noi fummo progenie di braccia e di menti.
Se vedi i due mari che Taranto bagna
l’incanto t’assale e trema la mente.
Adriatico e Jonio la costa accompagna
col porto di Brindisi verso l’oriente.
La Valle dell’Itria si offre ai tuoi occhi
diffusa di trulli, qual bianche astronavi
che paiono pronte, appena le tocchi,
a fare il gran balzo nel ciel che sognavi.
Galatone antica ti attende nel vento,
Nardò, Galatina con Leuca e i castelli
di Maglie, Gallipoli, Acaya ed Ugento,
con Porto Cesareo che ha i suoi gioielli.
Se vedi il barocco di Lecce t’incanti.
Le pietre raccontano le arti del fare,
vestigia romane e grotte filanti
e la Zinzulusa t’invita a sognare.
Ci uniscono i semi di grandi culture,
mostriamo le coste, i vigneti e gli ulivi,
che son le ricchezze per genti future:
Noi siam Salentini dagli animi vivi.
Profumi del Salento
La vite nei filari al sol d’agosto
grappoli mostra e i chicchi son rubino.
Settembre taglia e l’acre odor del mosto
pei vicoli e contrade gridan: Vino!
Senti nell’aria di vendemmia i canti:
uomini e donne sembran tutti ricchi
e pigian lieti l’uva trepidanti,
ebbri d’aroma che vien su dai chicchi.
Le giovani fanciulle alla taranta
sull’aia, nella sera, vanno a danza:
è un ballo che all’amor tutti v’incanta,
tra salti e grida e inchini in eleganza.
Il mosto caldo e rosso è già bollente
e fa inebriare l’aria di magia
e i canti e i cori fan sognar la mente
di gioventù che a molti è andata via.
Inizia l’equinozio in cui la luce
al buio cede il passo lentamente.
La Madre Terra i frutti suoi conduce,
per poi gestire al buio la semente.
Io son l’Ulivo generoso e austero
Atena chiamò un’aquila in Olimpo
e un seme le affidò allora raro.
Su Itaca volò, perché nel tempo
crescessi lento, ma dal legno duro.
E crebbi piano, tra brezze marine,
sull’isola tra i sassi e terra rossa.
Per secoli ho sofferto il vento e, infine,
per talamo m’incise il prode Ulisse.
Poi un’aquila divina prese un seme
e, dopo lungo volo, nel Salento
lo pose piano nella terra rossa
e germogliò tra l’Adrio Mare e Jonio.
La terra rossa, il sole, il mare e il vento
mi furono compagni per tanti anni.
Io, dalle Murge e giù verso il Salento,
mi conquistai la terra con affanni.
Io son l’Ulivo generoso e austero,
il tempo ha reso forte il tronco mio
e il nettare vi dò color dell’oro,
perché nel tronco vi è nascosto … un dio.
Mimmo Martinucci
INNO ALLA DEA BAMBINA
alla grande Dea Originaria
Oscura, raccolta come una grotta, nera
illuminata negli squarci millenari
dalle calde sorgenti.
Quando il buio si cospargerà della sua sete,
quando i filari tesseranno baci d’Aracne
nei noviluni nutrienti di Minerva,
quando la grazia incontrerà la sua ira
e dondolando di saliva salirà la vita,
vieni bambina mia,
ti porterò a casa,
nel regno delle sette sfere,
nell’ enneagramma dei sigilli celesti,
nelle sinfonie sumeriche iridescenti,
nei tuoi arcobaleni incontinenti
dai primordiali vagìti.
Cogli la vena superba dei tuoi riflessi,
nelle onde e il fragore dei tuoi cristalli,
nella rocca segreta della tua caverna,
nel precipizio delle tue limpide vesti.
Ridonda di gloria sul chiodo di gole terrestri
appesa al filo delle tue carni
nel viaggio di vertebre cuneiformi,
splenderai nell’oro defunto cosparso,
nella folgore rinascente, come carezza
di cipria e cenere di lapislazzuli sulla tua pelle.
Sonia Fanuli
D’ORME, LA PACE.
Ambrate emozioni s’abbracciano al piatto azzurro,
Solerte alla vita, anch’essa ambiziosa, a luce riflette.
Tacito al tempo per pace concessa, anima bisbiglia.
Udite il suo dire, granelli, parole d’orme dorate.
Il tutto, abbandono ad esili pensieri a vista levante
Per essa divina, lo sguardo si perde nel rosso calore.
Nulla, sa d’ora rimpianto, vissuto adesso d’istanti.
Al passato, cancellato ricordo dal vento mattino
Nuovo risorto, levato d’ali speranza e di pace.
A risacca, melodica armonia, risuono dell’etere.
Eterno momento, sogno miraggio, eden giardino.
Al Dono dell’alba s’arrende, il corpo estasiato.
“ Le orme del poeta “
Alessandro Scialpi
TERRA MIA – SALENTO –
E’ terra, il mio Salento, dove occhi
godere possono luoghi d’incanto.
Ha sorriso di due mari, con salubrità
d’aria che sereno dona a nostra vita.
Storia e antichi miti, ricchezza danno
a conoscenza di Japigi, Greci e Messapi,
che orme hanno lasciato in radicato ricordo.
Nel camminare per antiche vie o lungo costa,
sentire possiamo passo di Idrusa a compagnia
e su lungomare a vista attenta, ammirare
possiamo ancora sirena Leucasia, che
di sè narra suo tribolato amore.
Sonia Colopi
Riversarsi per ogni dove
della carne nell’intonaco
in detenzione ancestrale
rossa di diaframmi e ceppi
a contare cieli senza insetti
frammenti d’unghia su pareti
la morte naturale dei poeti
liberi solo quando in catene
Hanno piedi di calce bianca
mani a mettere giù parole
tremanti di promettere ritorno
andarsene distratti tra i viventi
con mille ragioni per peccare
togliersi la vita o donarla
e dirsi di non essere banale
quella tomba tra guardie e ladri
tombale prigione per i titubanti
ad agognare quel per cui si era nati.
Sarò l’uomo del futuro occasionale
quando dirò per menzogna agli altri:
non sarò qui credetemi per sempre.
Nessuno ci è mai stato per davvero.
Pietro Casella
“SE I COLORI DELL’IRIDE…”
raccontami dei colori
dove l’arcobaleno
abbraccia sole e pioggia
stringimi il cuore
a trattenere le aurore
di mari e colline
ascolto parole che
ancora non conosco, così
da poterle sussurrare, poi
guardami gli occhi,
di guerre e dolori,
dì loro di non piangere più
osserva la quiete all’alba
e la brina d’autunno
nei silenzi del tempo
accarezza pagine d’un libro che
narri di zolle e semi di storia
e di amori su aquiloni di vento
soffia sulle ali dei pensieri
così le radici incontreranno
spighe di grano e manne
spargi ceneri di antichi saperi
a lievitare conoscenza
nelle aridi menti
prendimi le mani e in piedi
facciamo un girotondo di carta
nella Bellezza del mondo
costruiamo la Pace
nei di-versi colori dei cuori
lì, dove l’uomo non si arrende
Benedetta CATERINA
Nel silenzio
un tempo interminabile
l’assenzio di cui gode il mio olfatto
perdendosi
in una nascita morta.
Compaiono fantasmi
e assurdo è lo spazio dove vivo.
Le correnti d’acqua
mi portano nei trascorsi lontani con te
e mi puniscono
per averti fatto vivere così a lungo dentro
quando fuori
biascicavo ruderi di parole.
Verrà un futuro
di primavere morbide
in cui respirerò
l’aria dei mattoni
conditi dal sole
anagrammando foto e visioni
di un’età vissuta nei trastulli
inondata di fiabe e regine
di aiuole accese di gerani
con l’oro tra i capelli
e il battito di un cuore lieve
a farmi compagnia.
Maria Campeggio